Storia di una buca (di Salvatore Musillo)


di Salvatore Musillo

salvatore-musilloC’era una volta una buca, era una bella buca, segnalata, recintata.

Era una buca da lavori stradali, mica una buca qualsiasi. Era apparsa un giorno di fine agosto in via Annibale Maria di Francia ed era stata fatta per aggiustare le condutture del gas, il cartello recitava “scavo per corrosione e dispersione”. La data riportata sul cartello recitava 30 agosto – 8 settembre, poco più di una settimana ma lei era contenta di condividere con gli abitanti quel poco tempo. Era una buca utile, mica come quelle buche cattive che nascevano da sole nell’asfalto e facevano cadere le persone. Lei era una buca di pubblica utilità.

Passavano i giorni e le persone nemmeno la insultavano: la buca era stata fatta praticamente in mezzo alla carreggiata e aveva sottratto un bel po’ di posti ai parcheggi della zona ma le persone erano comprensive perché il cartello diceva che il 9 settembre sarebbe andata via. Era tutto perfetto.

Il tempo era trascorso piuttosto velocemente, le giornate erano state belle, il tempo clemente e il grande giorno era arrivato. Ed era pure passato.

Vabbè, che sarà mai un giorno si era detta la buca. Ma poi i giorni erano diventati due, tre, quattro e la gente non era più così cordiale. Passava davanti alla buca e le diceva le peggio cose, qualcuno aveva addirittura sputato. E i gatti avevano preso confidenza e avevano cominciato ad esplorarla e ad usarla come una lettiera…che umiliazione. E poi era arrivato il mal tempo. Dal 10 al 20 settembre avrà piovuto almeno 4 giorni, a volte anche parecchio forte … che freddo.

E poi c’era la puzza, una puzza terribile e nauseabonda che proveniva da qualche parte lì vicino. Come facevano le persone a vivere e a sopportare quella puzza?

La buca era davvero dispiaciuta anche perché non capiva perché era ancora lì: un giorno un signore si era avvicinato e aveva letto dal cartello, poi aveva tirato dalla tasca dei pantaloni  uno strano oggetto rettangolare e aveva cominciato a parlare tenendolo appoggiato all’orecchio. Dalle sue parole aveva capito una serie di cose: chi l’aveva creata era una ditta di Teramo e, dalle parole del signore, aveva capito che questa Teramo era parecchio lontana da lì perché il signore che parlava aveva proprio detto “io poi non capisco come e perché una ditta di Teramo si debba occupare di una buca fatta a Roma nord, lo fate giusto per complicare le cose”. Da quella conversazione il signore aveva capito che la ditta era di Teramo ma a Roma c’erano dei referenti che però non rispondevano mai a quelle che la buca aveva capito si chiamavano “telefonate”.

Il signore ogni giorno passava davanti alla buca e telefonava a Teramo che continuava a dargli il numero al quale non rispondevano mai fino a che, un giorno, il signore si era spazientito al punto che aveva detto a chi era dentro la scatola rettangolare di non prenderlo per il sedere. Chissà cosa aveva mai voluto dire, forse era una frase magica per avere i numeri giusti perché la scatola rettangolare gliene aveva dato uno che dopo pochi minuti gli rispose.

La buca era emozionata perché pensava che finalmente si sarebbe risolto tutto e la gente non l’avrebbe più maledetta.

Ma le cose non erano così semplici perché qualcun altro dentro la scatola rettangolare che la buca adesso aveva imparato si chiamava “cellulare” stava dicendo che la colpa non era loro ma dell’Italgas che non sbloccava i pagamenti per chiudere la buca. Il gelo. La buca pensò per un attimo che il suo destino sarebbe stato quello di rimanere lì per tutto l’inverno, con le erbacce che le sarebbero cresciute dentro, i gatti che facevano i loro bisogni e i cani che marcavano il territorio sulle sue transenne. Ma il signore non si diede per vinto e chiamò questa entità, l’Italgas e aprì una chiamata d’emergenza.

La buca era ormai esperta delle cose che accadevano attorno a lei. Aveva capito che il “cellulare” serviva a parlare con altre persone simili al signore ma che stavano da un’altra parte .

Il signore parlò con quello della Italgas e gli spiegò tutto quanto dicendo che ormai era il 16 settembre e che i lavori dovevano finire l’8 e che la buca era utile ma stava in mezzo alla strada dando fastidio a tutta Villa Spada e che era il caso di intervenire. Il signore della Italgas trovò strano che la ditta avesse suggerito di chiamare loro ma il signore prontamente rispose che non amava perdere tempo al telefono con numeri verdi per le segnalazioni d’emergenza e che se aveva chiamato era perché così gli era stato suggerito e che avrebbe dovuto registrare e protocollare la chiamata. Alla fine della telefonata il signore era abbastanza sconsolato ma disse alla buca di non perdere le speranze e che avrebbe scritto su internet i numeri di telefono invitando le persone a fare come aveva fatto lui.

Da quel giorno la buca non vide più il signore se non qualche volta mentre passava distrattamente davanti a lei.

Un bel giorno, il 21 settembre, alla fine dell’estate vennero degli uomini che tolsero la recinzione e pulirono tutto, grattarono l’asfalto vecchio attorno alla buca e la riempirono con del cemento. Il cemento fresco che la riempiva le dava una bella sensazione e la buca si addormentò serena e con la consapevolezza di aver fatto in fondo il suo dovere.

Le rimase solo il cruccio e una domanda: perché tutti quei giorni per riempire una buca? Tutto quel tempo, quelle persone avrebbero potuto fare altro invece che occuparsi di lei. Ma non fece in tempo a trovare una risposta che si risvegliò in un altro punto della città con di nuovo le transenne attorno a lei a segnalare la sua presenza. Altro giro, altra corsa. Speriamo solo che anche stavolta ci sia qualcuno che non si limiti a sputarle in faccia ma si attacchi il cellulare all’orecchio per fare qualcosa.

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