Festa al Centro Arrupe (di Don Massimiliano Testi)


arrupe-2di Don Massimiliano Testi

Sabato 17 settembre ho avuto l’onore di partecipare alla festa di inizio anno del centro rifugiati padre Arrupe, costola del Centro Astalli, sito nelle adiacenze del Collegio del Gesù in Roma, e gestito dai Gesuiti.

Gli stessi Gesuiti sono anche i responsabili del centro Arrupe, che invece sorge nel territorio della mia parrocchia: Sant’Innocenzo I papa e San Guido vescovo. Chi però lo gestisce è l’ottima suor Paola, delle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret.

Ho cercato di convogliare alla festa anche i responsabili di Caritas e del gruppo missionario parrocchiale; oltre chiaramente ai catechisti, sapendo che si sarebbe trattato sostanzialmente di una festa di bambini, con le loro famiglie.

Non ho ben capito chi verrà, mi metto comunque in macchina da solo. Arrivo e vedo un bel po’ di gente, un gazebo; molti ragazzi giocano nel campetto. Parcheggio sul piazzale non lontano.

Entro nella struttura principale (quella a destra guardando la piazzetta), e trovo subito due volontari Caritas della parrocchia e… il vescovo di settore: mons. Di Tora!!

E c’è il responsabile centrale degli Astalli, padre Camillo, indaffaratissimo; mentre invece è molto disponibile e accogliente suor Paola, che si rallegra della mia presenza.

Mi presenta il padre gesuita delegato alla nostra struttura.

Incontro i responsabili della struttura secondaria: Aver Drom, che ospita minori in semi- autonomia; e allora approfitto per far visitare la stessa al vescovo; riesco così a presentare a Sua Eccellenza anche Rocco e Patrizia, due kosovari fuggiti dal loro paese in quanto cristiani. Questi ultimi due, dapprima accolti con lo statuto di rifugiati, ora danno una mano per le incombenze della casa Aver Drom. Li troviamo che impastano la pizza: la porteranno alla festa. Hanno preparato anche diversi cartellini dove specificano gli ingredienti, per rassicurare gli invitati islamici che non c’è carne di maiale.

E’ vero: è anche una festa inter- religiosa, vissuta nel più grande clima di fraternità.

Torno alla casa principale, che invece ospita famiglie e mamme con bambini.

Scopro che sono presenti il presidente  del III municipio, Roberta Capoccioni, l’assessore capitolino alla Persona, Scuola e Comunità Solidale, Laura Baldassarre, e l’assessore alle politiche sociali Giuseppe Sartiano.

Si riuniscono sotto il gazebo, dove c’è anche una band formata da volontari, ospiti della casa di diverse nazionalità, ed altri.

Lì hanno preparato i microfoni e parlano un po’ tutti a turno: padre Camillo, i politici e il vescovo. L’intervento di quest’ultimo è molto toccante: “Costruire i muri – dice – è fuori dalla realtà e dalla storia!”

Comincia a piovigginare.

Incontro Ada, una valente catechista di Sant’Innocenzo: anche l’attività catechetica della nostra parrocchia è rappresentata.

Lucio di Aver Drom mi ha suggerito di incontrare i Gesuiti responsabili per coordinare una richiesta presso le Ferrovie dello Stato al fine di risistemare o almeno mettere in sicurezza il cadente campanile della cappellina dei ferrovieri:

essa è sita proprio accanto alla struttura di accoglienza, che potrebbe subire direttamente i danni di un crollo.

Padre Camillo accompagna le autorità nella visita dei vari ambienti. Nel frattempo non vedo più neanche Lucio.

E poi si comincia a mangiare, e mi imbatto subito nello stand con i prodotti libici.

Ci sono una ragazza e una giovane donna, entrambi col velo.

Sono mamma e figlia, ma non si scorge un’eccessiva differenza d’età.

E’ la prima volta che trovo rifugiati libici al centro.

Mi faccio servire un paio di pietanze, ma … come non approfittare per ricordare con loro un mio viaggio in Libia di quindici anni indietro? Come non elogiare i siti di Sabratha e Leiptis Magna, con le loro rovine imponenti ed indicibilmente suggestive?

Mi accorgo che in realtà si trova vicino allo stand l’intera famiglia: padre madre e tre figli.

Il cibo è proprio buono: la carne speziata. Mi rinnova gusti di viaggi passati. Ricordi, molto graditi.

Poi è la volta dello stand siriano: qui ci sono due ragazze senza velo. Sono allegre e socievoli. Di che religione saranno?

Ricordo quel che una volta mi disse una guida in Giordania: “Presso di noi è maleducazione chiedere di che religione sei!” E allora non lo faccio, e cerco di vedere nell’altro semplicemente un fratello, senza doverlo etichettare.

C’è qualcosa di buono negli stand del Congo – Kinshasa-  della Nigeria, dell’Egitto e dell’Ucraina. Ed è tutto gratis. Possibile?

Ma ho poco tempo.

Devo tornare in parrocchia ad aprire la chiesa per la Messa serale.

Recupero Lucio e cerchiamo i Gesuiti.

Li troviamo in un corridoio superiore. Padre Camillo sta spiegando alle autorità il metodo di inserimento dei rifugiati, a varie tappe: loro del Centro Astalli curano la prima accoglienza, i padri Scalabriniani la seconda fase, in cui sono immessi fattivamente nel mondo del lavoro.

E’ bellissimo vedere nella Chiesa di Dio tanta competenza, tanta capacità di sporcarsi le mani, senza temere le maglie della burocrazia, sena fermarsi alle difficoltà, senza accentuare le difficoltà di integrazione, senza rimarcare le differenze tra noi che ospitiamo e loro che sono ospitati. Le stesse cariche politiche locali sembrano più che ammirate per tanta dedizione gratuita e per tanta professionalità.

Riusciamo ad accostare padre Alessandro, che è quello che più da vicino segue il centro Arrupe. Gli parliamo del campanile: ci sono difficoltà per le molte sigle legate alle ferrovie a cui fare riferimento, ma ci si sentirà.

Il mio tempo è finito. Riprendo le scale, imbocco l’uscita, risalgo in auto, vado.

Ho qualcosa di bello da raccontare alla Messa. C’è qualcosa di grandioso nel territorio parrocchiale della pur piccola Villa Spada. Ci sono eccellenze nella Chiesa ed operano vicino a noi. E alcuni nostri parrocchiani erano presenti. E’ bene che la gente sappia. Che tante belle notizie si divulghino.

Come la Bella Notizia per eccellenza, di cui sono mirabile riflesso.

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